Le dimissioni della Borsellino: una lettera non basta…

Lucia Borsellino ha scelto di chiudere la sua lunga esperienza nel governo Crocetta con una lettera pacata, in cui l’espressione più forte è il riferimento alla morale e all’etica che renderebbero inconciliabile la sua presenza in giunta.
Insomma la vicenda Tutino, con i suoi sviluppi giudiziari, sarebbe stata la goccia che ha fatto traboccare un vaso che, per tutti i siciliani (esclusi i componenti del cerchio tragico del Presidente) faceva già acqua da tutte le parti.
Dopo due anni e otto mesi di stretta convivenza politica, Lucia Borsellino si è accorta che Crocetta, non solo non ha rappresentato la sedicente rivoluzione annunciata, ma nemmeno una alternativa credibile al disastro politico e morale che aveva spinto i siciliani esasperati a dargli fiducia.
Qualcuno sostiene che i governi Crocetta siano stati i peggiori nella storia dell’Autonomia: è un giudizio e, come tale, opinabile.
Quello che non è opinabile sono i numeri: i governi Crocetta sono stati i più bocciati dagli organi giudiziari nella storia dell’Autonomia. Non c’è mai stato alcun governo che abbia mai collezionato una sfilza di strafalcioni legislativi e amministrativi, tutti regolarmente cassati dagli organi competenti: Commissario dello Stato (quando c’era), TAR e CGA.
Per attuare le contraddittorie e umorali decisioni del Presidente, Assessori, Dirigenti generali e anche i deputati della maggioranza di governo, hanno massacrato la logica, il buon senso e il diritto amministrativo, partorendo una serie di provvedimenti senza capo né coda, che hanno finito di distruggere quel poco che era rimasto in piedi dopo anni di malgoverno clientelare.
Di questo disastro Lucia Borsellino porta tutta intera la responsabilità politica, oltre che quella specifica legata alla sua delega.
Il ragionamento è semplice: partecipando attivamente alla campagna elettorale (da Dirigente generale dell’amministrazione regionale) Lucia Borsellino ha garantito ai siciliani con l’autorità morale del suo cognome, che Crocetta sarebbe stata la scelta giusta dopo la traumatica conclusione dell’era Cuffaro-Lombardo.
Numeri alla mano, considerato il ristretto margine di voti a favore del mago di Gela, si può ragionevolmente affermare che senza l’immagine pulita e rassicurante di Lucia Borsellino, Crocetta non sarebbe mai entrato a Palazzo d’Orléans.
A testimonianza di questo ruolo centrale, Lucia Borsellino è stata l’unico Assessore che ha mantenuto il suo posto in questi anni tumultuosi di nomine tanto eclatanti quanto evanescenti.
Si potrebbe sostenere che anche la Borsellino sia stata illusa dalle roboanti dichiarazioni sulla rivoluzione della legalità, ma su molti provvedimenti attuativi degli strampalati disegni di Crocetta c’è la sua firma o la sua piena condivisione.
Dal caso Humanitas, alla nomina dei Dirigenti delle ASP, alla vicenda Tutino, al caso del San Raffaele Giglio di cui, stranamente, nessuno parla.
Fra le tante nomine clientelari operate da Raffaele Lombardo ce n’era una, anomala, di un ginecologo siciliano Stefano Cirillo con una consolidata esperienza internazionale, sviluppata a Londra in strutture di eccellenza, ma anche in giro per il mondo come Presidente di Motherworld Foundation, una istituzione inglese nata per ridurre la mortalità infantile nei Paesi del Terzo Mondo.
Cirillo diventò Presidente del San Raffaele Giglio di Cefalù, chiamando a collaborare colleghi di alto livello scientifico e trasformando l’ospedale in una struttura di eccellenza per l’oncologia ginecologica.
Quando Crocetta divenne Presidente (e la Borsellino assessore) Cirillo fu silurato a favore di un vecchio mestierante della politica, Nenè Mangiacavallo, commissario per qualche mese, e poi di Giovanni Albano, radiologo noto per essere stato strettissimo collaboratore politico di Totò Cuffaro (come ha affermato Saverio Romano che i cuffariani li conosceva molto bene).
In un puntuale e articolato esposto inviato alla Procura della Repubblica di Palermo, Stefano Cirillo definisce illegittimo il provvedimento di rimozione del consiglio di amministrazione, firmato proprio da Lucia Borsellino in contrasto con le norme che regolano l’attività delle Fondazioni, e racconta di assunzioni di parenti e sodali, chieste da stretti collaboratori del Presidente Crocetta, da lui rifiutate e poi effettuate dal commissario Mangiacavallo.
Un modus operandi consueto per Crocetta & c.: rivoluzione e discontinuità a parole, nomine di personaggi riciclati nei fatti.
Insomma prima di accorgersi che Crocetta non garantiva l’etica e la moralità da lei praticata, Lucia Borsellino ne ha assecondato per anni i disegni e gli obiettivi avallando personalmente, con la sua firma e la sua faccia, scelte estremamente discutibili, quando non illegittime.
Ecco perché non basta una lettera di commiato: Lucia Borsellino deve chiedere scusa ai siciliani certamente, alla sua coscienza se lo riterrà opportuno.