“Pensavo fosse una fase e invece era…”: Queers, lotta alle differenze di genere

Sono giovani che credono nel rispetto delle differenze di genere e orientamento sessuale e hanno deciso di mettere insieme le forze. Queers è un’associazione di volontariato apartitica che riunisce tutti coloro che vogliono lottare contro sessismo e differenze di genere.

Dal 2013, anno di fondazione, aperitivi, cineforum, cene, incontri divulgativi, una seria e intelligente partecipazione al Gay Pride: tutto questo e molto altro per coinvolgere l’intera comunità catanese, sensibilizzarla alle tematiche LGBTQI e…non farla annoiare!

Come ci siano riusciti lo chiediamo a Emanuele Liotta, segretario dell’Associazione.

Che cosa significa ‘Queer’ e quali sono i principi della filosofia sottesa?

«”Queer” è un termine che letteralmente significa eccentrico, insolito; veniva usato per identificare e insultare le persone non-eterosessuali (non per forza solo omosessuali) nei paesi anglofoni. Nella sua evoluzione, è stato poi adottato da coloro che scelgono di essere se stessi a un livello e in un modo che va oltre le rigide limitazioni della tradizionale interpretazione binaria dell’orientamento sessuale (omo/etero/bi-sessuale) e dell’identità di genere (maschio/femmina). Essere Queer significa buttare fuori dalla finestra tali etichette e le aspettative ad esse legate per abbracciare il fatto che la propria identità e il proprio orientamento sessuale escano fuori dalla “norma”, dalla cultura dominante, in uno o più modi. Ai maggiori interessati consiglio la lettura di Judith Butler e Paul Preciado.

Il concetto di “Queer” rappresenta non solo una filosofia ma anche un movimento, un cambiamento, individuale e collettivo, che vuole rivendicare il diritto alla libertà di essere e di manifestarsi nella spontaneità della propria natura, nella sfera dell’eros come nella vita di ogni giorno».


Quanti membri conta l`Associazione e come è cresciuta dal 2013?

«I nostri soci sono, al momento, poco più di una trentina. L’associazione, più che cresciuta, è cambiata rispetto al 2013: siamo partiti con un pacchetto quasi preconfezionato, la difesa dei diritti e delle varie sfaccettature delle persone LGBT come si impara dai grandi esempi storici di associazionismo. Nel corso degli ultimi tre anni, anche grazie al contatto con la teoria queer, siamo passati alla a difesa dell’espressione dell’essere in senso più ampio, spingendoci più alla radice, andando più a fondo nel problema. Ciò comporta la scelta di parlare di rispetto delle forme di vita per come si manifestano nella loro naturalezza (il femminismo nelle sue declinazioni, l’antispecismo), così come trattare di sessismo in senso totale, di maschilismo, di omofobia non come fenomeni autonomi, ma come frutto da una cultura dominante (e dominata) di base».


Perché è importante sensibilizzare?


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La sensibilizzazione è necessaria per cambiare, per evolverci. Avvengono così, lenti, quasi inavvertiti, i cambiamenti. Neanche ti accorgi quando arrivano, che sono subito lì, pronti a bussare all’uscio di un popolo, a stravolgerne i costumi e le usanze, le abitudini, le mancanze e le sottili negligenze. È giusto parlare di sottili negligenze, di mancanze, quando si parla di diritti? Forse, dieci anni fa, in Spagna, la pensavano come pochi di noi la pensano adesso: sui diritti non si discute. Non c’è ragione, parola, intervento che possa giustificare una lotta contro l’approvazione di qualcosa che non può far altro che rendere felice qualcuno, senza danneggiare chi di quel qualcosa gode già. Solo che c’è ancora chi si oppone alla felicità. Chi ostacola, non demorde, ma determina con le proprie parole la sconfitta di un coraggioso mondo nuovo, migliore. Chi intrappola in ingarbugliate mistificazioni le leggi di natura, che disintegra con contratti sociali barbari e medievali l’umano avanzamento verso il progresso luminare della civilizzazione. La sensibilizzazione serve a due categorie di persone: gli omofobi di cui parlavo sopra, e le vittime di omofobia. Alle seconde, serve, ovviamente, a fornire un mezzo per la propria personale tutela, sia emotiva che persino fisica. Alle prime giova, invece, per educarle verso il rispetto, l’amore, la consapevolezza che ormai l’Italia è l’ultima ruota di un carro che corre verso il progresso, anzi, è un bastone tra le ruote di questo, una forza avversa e contraria».


Raccontaci le iniziative più significative e importanti per voi.


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Tra le nostre iniziative ci sono soprattutto eventi di aggregazione; l’anno scorso abbiamo portato avanti durante la primavera e l’estate un cineforum tematico e siamo stati ospitati da Gammazita. Quest’anno siamo pronti ad avviare un circolo di lettura e anche le nostre riunioni associative sono sempre attive. Tra le ricorrenze per cui spesso ci mobilitiamo ci sono invece il TDoR (Transgender Day of Remembrance, la giornata del 20 novembre che ricorda le vittime di transfobia) e la Giornata mondiale contro l’Omofobia, che cade il 17 maggio. Per queste date abbiamo sempre organizzato eventi che facessero in modo di trasmettere il messaggio dell’attivismo LGBT alla cittadinanza catanese».


Dai una buona ragione a chi ha partecipato al Family day per partecipare a una iniziativa di Queers

«La prima e più lucida ragione è che per criticare una cosa bisogna conoscerla. Come fai a negare la mia umanità, fingere che non esista, se non ne sei mani venuto a contatto? Risulta sempre utile dirle, alcune cose, avere a che fare con le persone di ogni tipologia, capirle prima di formulare una risposta o un giudizio. Anche quando il dialogo risulta quasi impossibile, bisogna evitare di giudicare come se fosse quasi un dovere morale che sorge spontaneo, insieme allo sdegno, all’ira, e sì, anche alla paura. Per questo inviterei chiunque a venire da noi: a chi ha bisogno di una mano, la troverà sempre. Chi invece necessità del confronto, troverà sempre una controparte civile e mai disumana ad attendere».


Prossimi eventi in programma?

«A parte il circolo di lettura, a cui accennavo prima, tra le nostre primissime azioni in programma c’è l’adesione all’iniziativa “Catania Non una di meno – Verso lo sciopero dell’8 marzo”, l’appuntamento sul proficuo lavoro di costruzione di un piano nazionale antiviolenza femminista, che ha preso corpo nelle giornate del 26 e 27 novembre, e che continua attraverso le diverse assemblee locali che si stanno tenendo in questi giorni in tutta Italia; esse confluiranno nell’Assemblea nazionale che avrà luogo a Bologna il 4 ed il 5 febbraio per definire le modalità di attuazione di questa giornata di sciopero. Quella etnea si terrà giorno 2 febbraio a partire dalle ore 16:30 presso l’Aula Stefania Noce del Monastero dei Benedettini, e noi ci saremo.
Abbiamo inoltre in programma iniziative di sensibilizzazione sull’argomento “Pillola del giorno dopo e obiettori di coscienza”, riflessione che è nata in associazione dopo recenti fatti di cronaca, soprattutto nel circondario catanese».