Ninni Bruschetta porta a teatro I Siciliani di Antonio Caldarella

I SICILIANI DI ANTONIO CALDARELLA

con Annibale Pavone, Margherita Smedile e Maurizio Puglisi

musiche originali di Giovanni Renzo
eseguite dall’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele
diretta da Cettina Donato

aiuto regia Alessio Pettinato

costumi di Cinzia Preitano

si ringrazia Mariella Bellantone

regia di Ninni Bruschetta

produzione Ente Autonomo Regionale Teatro di Messina

 

Antonio Caldarella, nasce a Siracusa il 5 aprile 1959, cresce ad Avola, poeta, scrittore, attore, regista, artista. Una vita intensa, come lo è quella di un uomo che ha sofferto, amato, guardato con ironia e disincanto alla vita e alla morte senza infingimenti o ipocrisie, con coraggio e amore per le cose belle. Antonio Caldarella è morto il 3 febbraio 2009 e la sua figura, di artista e scrittore, resta ancora oggi poco o nulla conosciuta. Eppure sono tante le parole scritte, parallelamente ad una carriera di attore e regista teatrale, frammenti di vita tramutati in poesia. Che diventerà l’ossatura dello spettacolo “I Siciliani di Antonio Caldarella”, un omaggio al poeta, che Ninni Bruschetta, attore, regista, e allora direttore artistico della prosa del Teatro Vittorio Emanuele di Messina ha voluto realizzare come occasione per costruire memoria attraverso le parole di un artista fuori dagli schemi, e di un amico. In scena le poesie e testi narrativi di Caldarella, sempre attento e smaliziato osservatore della realtà che lo circondava, critico e cinico nei confronti di quel provincialismo che tende all’omologazione, tra storture, manie e persecuzioni. Le sue parole, affilate e taglienti, provocatorie e divertenti, si muovono tra emozione, sensi e doppi sensi.

Brani selezionati dall’opera di Caldarella, che Ninni Bruschetta affida ad Annibale Pavone e Margherita Smedile, un canto a più voci, impreziosito dalle note composte da Giovanni Renzo, eseguite dall’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele.

«Un gruppo di amici – sottolinea Ninni Bruschetta – per uno spettacolo che nasce e si concretizza come un omaggio». Charles Bukowski scriveva che: “Una poesia è una città piena di strade e tombini/piena di santi, eroi, mendicanti, pazzi, piena di banalità e di roba da bere. […] Una poesia è una città, una poesia è una nazione,/una poesia è il mondo.[…]”. Ed è attraverso le sue poesie che il mondo di Caldarella appare e si svela, nella sua complessità, ricchezza e bellezza.

 

NOTE DI REGIA

«Antonio Caldarella ha vissuto una vita intensa anche se solo fino a cinquant’anni. È stato un attore, un poeta, un viaggiatore, un inesauribile distributore di sentimenti. Noi lo chiamavamo il Gatto Leone, per via di uno dei suoi tanti personaggi letterari, personaggi che non si fissarono mai in un romanzo, perché Antonio non avrebbe mai avuto il tempo di scrivere un romanzo, ma che si muovevano per la sua vita e quindi anche per la nostra che abbiamo vissuto parte della giovinezza con lui. Io lo conobbi a casa di un’amica a Messina. Era Natale. Veniva da dieci anni di lavoro con il Teatro dei Mutamenti di Napoli, la compagnia di Antonio Neiwiller, praticamente un mito per tutti i giovani teatranti degli anni ottanta. Entrò di soppiatto nella mia vita, con quel suo fare discreto, ma irridente. Non ne uscì più se non quando se n’è andato da questa terra. La presenza di Antonio è stata importante per tutto l’ambiente culturale della nostra città, in cui si trasferì dopo un servizio militare assai rinviato, aveva circa trent’anni. Abbiamo scritto insieme, abbiamo viaggiato con le nostre opere, dal Festival teatrale di Sant’Arcangelo, alle prime esperienze cinematografiche, da Torino a San Sebastian, ma soprattutto nei luoghi della sua fantasia. Antonio Caldarella è stato anche e soprattutto, mi permetto di dire, un poeta, riconosciuto, pubblicato, recensito da grandi critici. Ma sempre modestamente distante da ogni clamore. Antonio sembrava non volersi esporre, pur essendo un uomo di grande successo, nel senso più vero del termine. Antonio non appariva sui giornali, ma conquistava tutti i tavoli di un bar, gli invitati di una festa o semplicemente i suoi selezionati amici in casa sua e le donne che lo adoravano. Non l’ho mai sentito lamentarsi, aspirare a premi o riconoscimenti ufficiali. Amava il teatro più di ogni cosa, voleva recitare e ogni tanto se la prendeva con me perché non gli davo le opportunità che voleva o semplicemente perché quelle opportunità non gli interessavano poi così tanto. Lui usciva la mattina in spiaggia da solo e lì trovava i versi dirompenti e profetici delle sue poesie che lo appagavano più di ogni cosa. Questo spettacolo passa attraverso tutti i suoi testi, teatrali e poetici, ma racconta soprattutto la sua storia, il suo pensiero, la sua vita. Ho scelto Annibale Pavone, per interpretarlo, perché Annibale è un attore completo, strutturato, tecnicamente impeccabile, praticamente l’opposto di Antonio che era un attore in quanto era un poeta. Annibale ha debuttato al fianco di Antonio, che era più grande di lui, e ha vissuto con noi quegli anni bellissimi e spensierati, tutte quelle serate interminabili, di discussioni, di bottiglie e di risate. Tutte quelle serate in cui Antonio, quando riusciva ad inserirsi in un momento di silenzio, in una pausa della convivialità o del lavoro, ci guardava tutti, dischiudeva il suo sorriso stupendo e diceva: “la vita è bellissima».