“Ospitare la mobilità – La rivoluzione della Carta di Palermo”, è stato presentato lo scorso 26 gennaio presso la sala Bianca della Scuola di Cinematografia ai Cantieri Culturali alla Zisa. Il documentario, realizzato dal Comune di Palermo, Settore Sviluppo Strategico, a cura dell’Associazione Nottedoro introduce ad alcuni aspetti della questione migratoria, attraverso interviste a testimoni privilegiati della migrazione e scene del quotidiano “con-vivere”.

Ne parliamo con Martino Lo Cascio, sceneggiatore e regista dell’audiovisivo insieme ad Antonio Macaluso.

 

Martino in cosa consiste la rivoluzione della Carta di Palermo?

«L’associazione Notte d’Oro, di cui sono presidente, si occupa da un paio d’anni dei temi della migrazione e lo fa cercando di far andare di pari passo la questione migratoria alle arti, quali il teatro e il cinema. Abbiamo voluto occuparci della realizzazione di  questo audiovisivo insieme al Comune di Palermo proprio per la dimensione utopistica di questa Carta. È un documento di forte attualità e una scelta coraggiosa della Città di Palermo in difesa del diritto alla mobilità umana internazionale. Questa Carta, parlando della mobilità umana a livello internazionale, vuole lanciare l’idea, che può sembrare forse un po’ utopistica adesso, dell’abolizione del permesso di soggiorno.

Come dicono gli intervistati nell’audiovisivo, il permesso di soggiorno, così com’è concepito ora, diventa una sorta di strumento di selezione, di discriminazione, uno di loro afferma addirittura che per certi versi si tratto di uno strumento di tortura delle persone. La discriminazione è il punto nodale perché c’è chi nel mondo si può spostare come e dove vuole, perché le norme glielo consentono, e c’è poi c’è un’altra parte di mondo, forse la maggioranza, che non può entrare in alcuni Stati, non solo perché non si ha la possibilità economica di viaggiare ma anche perché bisogna superare infiniti ostacoli burocratici».

 

Chi sono le persone che avete deciso di intervistare?

«E’ presente l’intervista al sindaco Leoluca Orlando, che ha una sua centralità nell’audiovisivo. Poi sono presenti dei contributi da parte di professionisti che operano nel settore da diverso tempo, come la presidente della Consulta delle Culture, Delfina Nunes, e il suo predecessore, Adam Darawsha, Don Enzo Volpe, Alberto Biondo, di Palermo, Yodit Abebe Abraha, Babita Bissoondeeal, Khan Toseef e Wole Soyinka. Abbiamo deciso anche di inserire piccole parti di un altro progetto, Effatà, che è ancora in lavorazione e a cui partecipato diversi personaggi noti che si raccontano insieme a dei migranti. Tra questi anche Luigi Lo Cascio, che vedremo anche nell’audiovisivo presentato domani».

 

Quando di parla di migranti le immagini scelte dai media veicolano spesso una visione stereotipata dei luoghi di provenienza e delle persone che decidono di mettersi in cammino sulla strada di un futuro diverso. Cosa avete scelto di mettere in risalto in “Ospitare la mobilità”?

«E’ un lavoro in cui si sceglie di focalizzare l’attenzione più che sulle immagini, sulla parola, sulla potenza dei concetti che vengono dagli intervistati. Siamo in effetti abbastanza saturi di un certo tipo di informazioni e di immagini. Ascoltare, anche se può essere più faticoso, persone che parlano delle cose vissute e testimoniano con la propria professione, con la propria vita, che quei concetti non sono poi così assurdi, per noi era rilevante. È un audiovisivo che non ha effetti speciali, non cerca la via di grafiche accattivanti. È una produzione che non deve per forza essere condivisa, ma che può aprire, nelle scuole ad esempio, piste di ragionamento».