Grani antichi, “Simenza” inaugura il corso per diventare custodi

Circa un anno fa nasceva “SimenzaCumpagnìa Siciliana Sementi Contadine”, con l’obiettivo di tutelare e valorizzare la biodiversità siciliana, attraverso sistemi di produzione sostenibili e modelli di agricoltura rigenerativi. Nell’arco di quest’anno l’associazione ha messo in atto una serie di azioni volte a rendere tutto ciò possibile, tra cui veri e propri corsi di formazione, come quello che si terrà domani a Caltanissetta, presso l’agriturismo Torrettella, e rivolto agli aspiranti “agricoltori custodi”. All’incontro sarà presente Gaetano Cimò, dirigente generale dell’Assessorato Agricoltura della Regione Siciliana, insieme ai rappresentanti del Servizio Fitosanitario (ex Ense), del CREA e della Stazione di Granicoltura di Caltagirone.

Ne parliamo con Giuseppe Li Rosi, presidente di Simenza, seed saver, impegnato da più di 15 anni nell’agricoltura biologica.

Presidente, quali sono gli argomenti che andrete a trattare nella giornata formativa di domani, che ha ottenuto il patrocinio della Regione?

«Si tratta di un incontro che ha riscosso già un notevole successo: sono previsti un centinaio di partecipanti, di aspiranti custodi. Al momento io sono l’unico custode in Italia che può produrre

Giuseppe Li Rosi

sementi certificate. Il corso mira a formare altri custodi, che prendano in custodia una, due popolazioni della biodiversità cerealicola, la riescano a tenere in purezza e poi certificarla. Tutto questo è permesso dalla legge. Sarà possibile infatti richiedere una licenza ministeriale, che va in deroga a tanti obblighi previsti ad esempio per una normale ditta sementiera».

Quante varietà o popolazioni cerealicole abbiamo in Sicilia e qual è il percorso che bisogna seguire per diventare custode?

«In Sicilia abbiamo 52 varietà, tre delle quali sono custodite da me. L’agricoltore, ancor prima di diventare custode, fa una richiesta di iscrizione al Registro nazionale delle varietà da conservazione, che è un registro parallelo a quello già esistente, dove non sono compresi però i grani siciliani. Questa richiesta viene valutata dalla Commissione tecnico-scientifica per la registrazione delle varietà da conservazione, nata nel 2011, che a sua volta la invia al Ministero. Se la richiesta è corretta quella varietà verrà inserita all’interno del bollettino bimestrale che il Ministero produce. Da lì ha inizio un iter che termina con l’emanazione di un decreto che stabilisce che quella determinata varietà viene assegnata a quell’agricoltore che ne aveva fatto richiesta».

Oltre ad informazioni burocratiche, che tipo di nozioni andrete a trasferire domani agli agricoltori?

«Cercheremo di trasferire tutte le buone pratiche per mantenere in purezza i semi. Daremo quindi indicazioni sulla selezione, la semina, la concia, l’insacchettamento e così via».

C’è il pericolo che anche in questo settore ci siano contraffazioni dei prodotti immessi sul mercato?

«Su questo non abbassiamo la guardia ed il motivo per cui domani sarà presente anche Repressione Frodi. Saranno loro a vigilare sulle partite di frumento messe in circolazione, andando a richiederne la provenienza. Simenza tra l’altro si sta muovendo per creare un marchio, dove i controlli verranno eseguiti in maniera partecipativa per quanto riguarda il frumento, anche se stiamo pensando di occuparci anche dei legumi, degli ortaggi e degli animali».

All’incontro sarà presente anche una delegazione della Regione che ha patrocinato l’evento. Ci sono i presupposti per poter iniziare un percorso insieme?

«Ci auguriamo che sia l’inizio di un cammino in cui agricoltori e istituzioni possano andare a rafforzare il settore cerealicolo che sta subendo le pressioni delle multinazionali. Oggi gli agricoltori acquistano sementi, diserbanti, concimi e altro, spendendo circa 24 centesimi per produrre e immettere sul mercato un chilo di frumento, quando il prezzo di mercato è di 20 centesimi. Un agricoltore custode può abbattere queste spese perché auto produce i semi e non deve acquistare concimi, di cui le nostre varietà non hanno bisogno per crescere. Insieme alle istituzioni possiamo ricostituire un patrimonio genetico che tutta l’Europa ci invidia e dare speranza al settore cerealicolo e all’economia siciliana».